
Immagini prese dalla rete
Carlo Alberto nasce nel 1798 dal principe di Carignano Carlo Emanuele e dalla principessa di Sassonia Maria Cristina. Viene battezzato il giorno successivo alla presenza di re Carlo Emanuele IV con i nomi di Carlo Alberto, Emanuele, Vittorio, Maria, Clemente, Saverio.
Sin dal loro arrivo a Torino nel 1797, dopo l’unione in matrimonio, i genitori di Carlo Alberto si erano prodigati nell’organizzare feste ed intrattenimenti per tutta la società piemontese, senza badare alle ideologie politiche. A palazzo Carignano vi era quindi un clima allegro ed effervescente, nel quale era ben accetto anche chi aveva vedute rivoluzionare. La stessa Maria Cristina non ha mai nascosto le sue simpatie per i giacobini.
Carlo Alberto, il rivoluzionario
Forse per la loro visione del mondo rivoluzionario, i Carignano decisero di non seguire re Carlo Emanuele IV nel suo esilio, ma di restare a Torino sostenendo il nuovo regime napoleonico. Tuttavia, sono poi costretti a trasferirsi presso Parigi, dove nel 1800 nasce la sorella Elisabetta, e muore il principe Carlo Emanuele.

La morte del principe, le simpatie rivoluzionare della moglie e la frequentazione della società francese preoccuparono non poco il nuovo re Vittorio Emanuele I e suo fratello Carlo Felice. Essi, infatti, nutrivano molti dubbi sul tipo di educazione che il giovane Carlo Alberto potesse riceve immerso in quell’atmosfera giacobina.
A onore del vero va detto che i primi anni di Carlo Alberto sono spensierati, anche se con forti limitazioni dovuti ad una continua difficoltà economica. La madre Maria Cristina, a causa della sua vicinanza con i rivoluzionari, venne infatti privata di quasi tutti i suoi beni in Sassonia, in Francia e nel regno sardo. L’unico aiuto e sostentamento provenne dall’amico conte di Saluzzo, che in più occasioni tentò anche di recuperare parte dei beni confiscati dai francesi.
Carlo Alberto e Napoleone
Una prima svolta si ebbe nel 1810. Per ricompensare i Carignano dei beni requisiti, del servizio prestato dal defunto principe Carlo Emanuele e considerando la precaria condizione economica, Napoleone emise un decreto imperiale con il quale conferiva il titolo di Conte a Carlo Alberto assieme ad una rendita annua di centomila franchi. In realtà le motivazioni di Bonaparte erano principalmente politiche, cioè mantenere fedeli a sé i Carignano, una delle famiglie più potenti ed in vista della corte piemontese.
Al miglioramento della situazione economica fa però da contraltare le sofferenze affettive patite dal giovane principe. Nel 1810 la madre si risposa con il conte di Montleart, causando una rottura inseparabile tra lei e la casa reale Savoia ed obbligando il figlio a sottostare al nuovo patrigno.
Carlo Alberto, il conservatore
Nel 1812 la famiglia si sposta da Parigi a Ginevra. Qui Carlo Alberto è affidato ad un pastore protestante che ne cura l’educazione, stimolandone soprattutto l’interesse per la scienza, gli studi e l’attitudine al lavoro. L’anno successivo, dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, si spostano nuovamente in Francia, a Bourges, dove Carlo Alberto entra in servizio presso il reggimento al quale era designato.

Con la caduta di Napoleone e la prospettiva della Restaurazione, crolla tutto il mondo e le idee che erano tanto care a Carlo Alberto. Egli è richiamato immediatamente a Torino da Vittorio Emanuele I, con lo scopo di fornire al principe una formazione meno rivoluzionaria e di fargli dimenticare, per quanto possibile, le sue idee giacobine.
La ferrea disciplina religiosa e l’indottrinamento monarchico non ebbero però successo su Carlo Alberto. Egli si dimostrò pigro e non interessato alle materie di studio che gli sottoponevano, pur rimanendo un credente osservante e praticante. Sono anni in cui Carlo Alberto rimarrà isolato in tutti gli aspetti della sua vita: privo di affetti familiari, non impegnato né in politica né militarmente, rimane chiuso nel suo mondo e nelle sue fantasie.
Matrimonio
Nel mentre si organizza il suo matrimonio. Pare sia stato proprio il principe stesso a chiedere al padre Vittorio Emanuele I il permesso di sposare Maria Teresa, figlia del granduca di Toscana. Ottenuta l’approvazione nel 1817 si reca a Firenze per conoscerla di persona.

Ufficializzato il fidanzamento, prosegue per Roma dove incontra Carlo Felice e poi si reca a Napoli. Sulla via del rientro si ferma nuovamente a Firenze prima di passare a Venezia per poi raggiungere Torino. Le nozze si celebrano lo stesso anno a Firenze
Rientrato a Torino dopo il matrimonio, Carlo Alberto inizia a frequentare un gruppo di giovani letterati che teorizzavano un rinnovamento dello stato sabaudo, sulla base di quanto stava avvenendo in Europa, in particolare la costituzione concessa da Ferdinando I nel Regno di Napoli.
La sua posizione può essere interpretata come cauto liberismo: favorevole verso i temi costituzionali ma di assoluta condanna nei confronti degli eccessi liberali che venivano sanciti nella costituzione spagnola concessa a Napoli.
Carlo Alberto e i moti del 1821
Nel gennaio del 1821 iniziano in Piemonte i primi scontri tra monarchici e costituzionalisti. Si inizia a parlare di un tentativo rivoluzionario in cui sarebbe coinvolto anche Carlo Alberto.

Il 5 marzo, appena partito Carlo Felice da Torino, la polizia effettua alcuni arresti facendo salire la tensione. Il giorno successivo ci fu in incontro tra Carlo Alberto e Sanatore di Santarosa. Il resoconto del colloquio è raccontato ne La rivoluzione piemontese di Santarosa e nei Memoriali scritti da Carlo Alberto. Tuttavia, non sappiamo esattamente quali fu la decisione. Santarosa riporta il consenso di Carlo Alberto all’insurrezione, mentre nei suoi scritti egli dice di averlo negato.
Qualunque sia la verità, egli tenta di fare da mediatore tra i rivoltosi ed il re, restio a concedere qualunque tipo di costituzione.
La mediazione
I giorni seguenti sono molto concitati.
- 7 Marzo: Vittorio Emanuele I parte per Moncalieri
- 8 Marzo: nuovo colloquio tra Santarosa e Carlo Alberto, in cui quest’ultimo si dimostra molto più cauto che nei giorni precedenti
- 9 Marzo: altro incontro tra Santarosa e Carlo Alberto per discutere i progetti rivoluzionari
- 10 Marzo: Vittorio Emanuele I rientra a Torino preoccupato dagli ammutinamenti militari di Pinerolo e Alessandria
- 11 Marzo: il Consiglio della Corona si riunisce per discutere della Costituzione, mentre un gruppo di ammutinati militari si riunisce a Porta Nuova per chiedere la concessione della costituzione spagnola.
- 12 Marzo: rivolta delle truppe che presidiano la Cittadella.
- 12 Marzo sera: Vittorio Emanuele I convoca i ministri comunicando la sua decisione di abdicare in favore di Carlo Felice. In attesa che egli rientrasse da Modena la reggenza sarebbe stata a favore di Carlo Alberto
- 13 Marzo. Imponenti manifestazioni di fronte a palazzo reale creano una pressione insostenibile. Ministri e generali convocati da Carlo Alberto sono d’accordo a concedere la costituzione spagnola pur di evitare una probabile guerra civile.
- 13 Marzo sera. Carlo Alberto concede la costituzione di Spagna, riservandone l’approvazione a Carlo Felice
La reazione di Carlo Felice non si fece attendere molto. Il 18 marzo un messaggero recapita a Carlo Alberto un proclama dello zio che dichiara nullo qualunque atto di sovrana competenza che possa essere stato fatto o farsi ancora dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele I non emanato da Carlo Felice
Il 21 marzo Carlo Alberto lascia palazzo Carignano e per volere di Carlo Felice si dirige a Novara. Qui è raggiunto da nuovo ordine che gli impone di recarsi in Toscana. Lontano da Torino non può fare nulla per fermare la repressione austriaca che Carlo Felice stava organizzando.
Esilio e riabilitazione in Spagna
Il sogno di Carlo Alberto di innovare lo stato con una costituzione mentendone gli aspetti monarchici caratteristici era fallito miseramente. Entrambe le parti si sentirono tradite dal principe di Carignano. I costituzionalisti subirono una terribile repressione e lo accusarono di non essere stato in grado di proteggerli, anzi di averli traditi nel momento del bisogno. Carlo Felice lo accusò di tradimento per non aver saputo difendere la corona assecondando le richieste del popolo.
Arrivato a Firenze Carlo Alberto si ritrova completamente isolato dalla corte e dalla famiglia Savoia, Sarà un periodo molto difficile per lui, durante il quale cade in depressione e progetta persino il suicidio. Nel mentre Carlo Felice progetta di estrometterlo dalla successione a favore del nipote Vittorio Emanuele (figlio di Carlo Alberto). Tuttavia, il piano fallirà a causa dei pareri contrari dei ministri e soprattutto delle altre potenze europee.
La Spagna
Carlo Felice decise quindi di inviare Carlo Alberto a combattere i costituzionalisti in Spagna. In questo modo avrebbe potuto allontanarlo dai suoi appoggi piemontesi e riaccreditare il suo buon nome di membro della famiglia reale.

Il re Inoltre, gli impose un fedele giuramento in cui Carlo Alberto si impegnava a mantenere inalterate le leggi dello stato Sabaudo.
Imbarcatosi per la Spagna, Carlo Alberto riabilitò il suo nome contraddistinguendosi nella Battaglia del Trocadero, vicino Cadice.
Sulla strada del rientro, a Parigi, firmò nel consolato di Sardegna il suo giuramento sul mantenimento delle leggi fondamentali dello Stato.
Rientrato a Torino, mantenne un profilo cauto. Sebbene mai completamente perdonato dallo zio Carlo Felice essi impararono a convivere pur mantenendo rapporti gelidi ed incontrandosi solamente quando strettamente necessario.
Carlo Alberto re di Sardegna
La morte di Carlo Felice nel 1831 consegnò il regno a Carlo Alberto che si trovò si da subito a fronteggiare i dubbi e le perplessità che il suo passato e le sue idee suscitavano nelle potenze europee.
I primi anni del suo regno furono improntati ad un avvicinamento verso l’Austria ed ad un governo non troppo favorevole ai sentimenti liberali. In maniera particolare il re rimase profondamente colpito dalla diffusione nell’esercito dei pensieri della mazziniana Giovine Italia e della scoperta nel 1834 dei piani di invasione delle Savoia e di Genova da parte della stessa organizzazione.
In questo contesto la repressione e il rigidissimo controllo esercitato da Carlo Alberto secondo alcuni sfociarono in atti illegali, come la decisione di far giudicare anche i civili da tribunali militari.
Le riforme
Ristabilito un clima più sereno, a partire dal 1835 il sovrano si dedica ad una ristrutturazione istituzionale dello Stato, lasciando anche trapelare uno spiraglio di ottimismo per la trasformazione della struttura del Regno. Già a partire dal 1831 egli aveva nominato una commissione presieduta dal Barbaroux che aveva l’incarico di redigere nuovi codici penali, civili e di commercio, pur mantenendo le istituzioni preesistenti che ne garantivano il carattere assoluto dello Stato. Qui va fatto notare come lo stesso Carlo Alberto partecipa al nuovo Codice penale insistendo e limitando il più possibile il ricorso alla pena di morte aumentando i diritti dell’accusato.

Le riforme albertine portarono ad uno svecchiamento del governo e delle istituzioni sabaude, pur mantenendone il rigido controllo sotto il sovrano. Tuttavia, il processo che porterà allo Statuto era ormai iniziato, il potenziamento della borghesia stava erodendo a poco a poco i privilegi ad appannaggio della nobiltà, aprendo la strada ad un nuovo assetto delle istituzioni.
Si arriva così a un nuovo ciclo di riforme albertine che vedono la luce nel 1847. Ancora una volta però è un tentativo di modernizzare lo Stato mantenendo le vecchie e rigide istituzioni a favore del potere assoluto del sovrano. Le richieste dei costituzionalisti diventano nuovamente pressanti, chiedendo il rilascio di una vera e propria costituzione. Il re, intenzionato in un primo momento ad abdicare, è invece costretto a rivedere le proprie posizioni.
Lo Statuto Albertino
Un proclama in quattordici articoli del febbraio 1848 fece da prologo allo statuto vero e proprio. A partire dai punti del proclama un Consiglio, al quale lo stesso Carlo Alberto partecipa assiduamente, mette a punto quello che la storia conosce come Statuto Albertino e che è proclamato ufficialmente dal balcone di Palazzo Carignano il 5 marzo 1848.
Tra gli ottantaquattro articoli che costituiscono lo Statuto Albertino, i più rivoluzionari e moderni sono la tolleranza di culti differenti dalla religione cattolica e la struttura del potere legislativo: esercitato dal re, ma sottoposto a giudizio di due Camere, una regia ed una elettiva.

Lo Statuto è proclamato in un periodo di grossi scontri e cambiamenti in tutta Europa. Pochi giorni prima, la monarchia francese di Luigi Filippo finiva a favore dei rivoluzionari, mentre la settimana successiva iniziarono pesanti scontri nel milanese.
Nonostante l’apertura e la modernità portata dallo Statuto restavano sullo sfondo diversi problemi. Primo tra tutti la necessità di riorganizzare tutto lo Stato in accordo con le nuove direttive costituzionali, ma anche una certa diffidenza nei confronti del re dovuta al precedente del 1821, quando la costituzione venne ritirata in pochi giorni. In questo difficile equilibrio il nuovo consiglio decide comunque l’entrata in guerra contro l’Austria a sostegno dei milanesi.
Prima guerra di indipendenza
Sebbene in un primo tempo la situazione sembrò favorevole ai piemontesi, i rinforzi giunti dall’Austria cambiarono velocemente le sorti del conflitto. Carlo Alberto all’inizio dell’agosto 1848 dovette lasciare Milano tra le contestazioni dei cittadini.
Sul piano interno la disfatta dell’esercito sabaudo ebbe come conseguenza un nuovo governo insediato a dicembre e presieduto da Gioberti. Tuttavia, egli si dimise nel febbraio successivo, favorendo l’insediamento del generale Chiodo e il riaprirsi del conflitto. Anche in questo caso si assistette ad una replica di quanto già visto. Dopo un primo breve periodo di vittorie l’esercito sabaudo venne irrimediabilmente sconfitto a Novara. Alla richiesta di un armistizio da parte di Carlo Alberto gli austriaci chiesero Alessandra come contropartita per la tregua. Vistosi ormai sconfitto, Carlo Alberto decide di abdicare a favore del figlio Vittorio Emanuele II.
Gli ultimi anni
Nella notte del 23 marzo 1848, dopo aver lasciato il regno nelle mani del figlio, Carlo Alberto si mette in viaggio verso Vercelli con il nome di conte di Barge. Fermato, ma non riconosciuto, dagli austrici proseguì verso Tolosa, dove confermò la sua intenzione di abdicare il 3 aprile.

Il 19 aprile Carlo Alberto raggiunge Oporto, in Portogallo, dove si stabilisce per i pochi mesi di vita che gli rimangono. Chiuso in una cupa solitudine muore il 28 luglio 1849. La salma venne fatta rientrare a Torino per i funerali in duomo del 13 ottobre. Il corpo è tuttora tumulato presso la basilica di Superga.
Carlo Alberto, venne soprannominato da Carducci Italo Amleto e da una mordente satira di Domenico Carbone come re Tentenna per le sue continue indecisioni politiche. Sposò nel 1817 Maria Teresa d’Asburgo dalla quale ebbe due figli. Vittorio Emanuele, suo successore, Ferdinando duca di Genova, padre della futura regina d’Italia Margherita, ed una figlia che morì che praticamente in fasce.