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Carlo Felice nasce a Torino nel 1765 da Vittorio Amedeo III e Maria Antonietta Ferdinanda di Borbone, figlia di Filippo V re di Spagna.
Studiò assieme ai suoi fratelli, tuttavia non essendo destinato ad assumere il trono, non ebbe alcuna formazione per la gestione del governo e della politica. Il suo temperamento e modo di pensare giovanile è dettagliatamente descritto in un diario che tenne a partire dal 1785. Sebbene di esso non ne esista più traccia, rimangono note e commenti di storici e biografi che lo consultarono. Se ne evince un giovane nervoso, dalla mente audace con un’educazione approssimativa (il diario, scritto in francese, contiene difatti molti errori) ma sensibile al fascino femminile.

Quanto scrive in merito ad una protesta studentesca scoppiata nel 1791, è l’esempio del sua visione del mondo. Egli si dimostra sin da giovane fautore dell’intoccabilità della Corona, ossessionato dalla rivoluzione, astioso nei confronti degli intellettuali. Tale visione non muterà di molto nel corso della sua vita.
Scoppiata la guerra con la Francia, non disdegnò di scendere sul campo di battaglia in prima persona. Nel 1792 fu tra le truppe a Saluzzo, l’anno successivo con il padre nel tentativo di riconquista di Nizza e la Savoia. Tuttavia, non riesce a fermare il destino e viene anche lui travolto assieme alla famiglia dalle armate napoleoniche.
Con la morte del padre e la successione del trono del fratello Carlo Emanuele IV, peggiorarono i già non idilliaci rapporti fraterni. Carlo Emanuele IV teneva tutti membri della famiglia all’oscuro delle sue decisioni politiche, non ultima quella di lasciare il Piemonte nel 1799, mandando su tutte le furie Carlo Felice.
Carlo Felice viceré Sardegna
Esiliato in Sardegna con tutta la famiglia, Carlo Felice è nominato viceré dell’isola nel 1799. Assunse il ruolo come un dovere impostogli, circondandosi di personaggi che non minassero la sua autorità, ma eseguissero senza condizioni ogni suo ordine. Egli rimase in Sardegna anche quando Carlo Emanuele IV e la corte si trasferirono nuovamente nella penisola con il sogno di rientrare i possesso del Piemonte. I rapporti con suo fratello il re rimasero sempre e comunque pessimi, fino all’abdicazione di quest’ultimo in favore di Vittorio Emanuele I.

La ristrettezza di vedute ed incapacità politica di Carlo Felice, non favorirono la comunità sarda. Le gravi condizioni economiche dell’isola vennero peggiorate da un governo accentratore, che perseguiva ogni tentativo di ribellione. Il viceré instaurò un forte e soffocante regime militare teso soprattutto ad evitare qualunque infiltrazione giacobina. Promosse tuttavia alcune iniziative umanitarie, più per benevolenza paternalistica che per un vero e proprio progetto di emancipazione e progresso.
A lui si deve l’avvio dei lavori nel 1801 di una strada destinata a collegare Cagliari con Sassari, congiuntamente con altre strade minori che avvantaggiavano servizi postali e scambi commerciali all’interno della regione. Lavorò anche ad un sistema di difesa dell’isola oltreché mantenere la Sardegna in una posizione di neutralità tra Francesi ed Inglesi. Per ragioni sentimentali e di principio (amava i sardi e la Sardegna che aveva conservato l’esistenza della dinastia) avversò ogni tentativo di cessione dell’isola stessa.
Matrimonio e secondo mandato
Con il rientro in Sardegna del nuovo re Vittorio Emanuele I, Carlo Felice abbandonò ogni incarico politico, dedicandosi ai preparativi del suo matrimonio con Maria Cristina di Borbone, figlia di Ferdinando IV re di Napoli. Il matrimonio si celebrò nel 1807 a Palermo e la coppia fece poi ritorno a Cagliari.

Caduto Napoleone, al rientro in Piemonte di Vittorio Emanuele I, Carlo Felice è nuovamente nominato viceré della Sardegna. Durante questo secondo mandato dovette far fronte ad alcune complicate situazioni. Prima vi fu una terribile carestia che lo costrinse ad importare grano da Genova e a farsi personalmente carico di cibo e bevande per i più bisognosi. Poi poco poté fare contro l’epidemia di peste scoppiata nel 1816. Tuttavia, non fuggì ai sui compiti ed abbandonò l’isola per Napoli solamente quando il peggio era ormai alle spalle. Ne rimase comunque almeno formalmente il viceré.
Lasciata la Sardegna inizia un itinerario di viaggi per l’Italia, principalmente per interessi mondani e privati. Dopo un periodo alla corte di Napoli si reca Roma in visita a Carlo Emanuele IV e dove incontra anche Carlo Alberto. Successivamente visita Firenze, Modena, Venezia e Milano. Rientra infine a Torino, ritirandosi a vita privata e lontano dalla politica nella sua villa a Govone.
I moti del 1821
Nel 1821, Carlo Felice si reca a Modena sotto il nome di conte di Govone per rendere omaggio al suocero Ferdinando I di Borbone che in città stava trascorrendo un periodo di riposo ritornando da Lubiana. Per l’occasione viene fissato un ricevimento per il 12 marzo. Tale ricevimento è però annullato a causa dello scoppio di violenti moti rivoluzionari e della difficile situazione politica piemontese.
Carlo Alberto, assunto il ruolo di mediatore tra rivoluzionari e governo reale, propose di concedere una costituzione. Questo era però contrario alla ideologia ed ai voleri di Vittorio Emanuele I, che rifiutò la proposta avvicinandosi sempre più ad una probabile guerra civile. Persa l’autorità e non più in grado di gestire la situazione Vittorio Emanuele I il 13 marzo abdica in favore di Carlo Felice, nominando temporaneamente Carlo Alberto come reggente.

Con il proclama del 16 marzo Carlo Felice dichiara di assumere l’esercizio di tutta l’autorità e di tutto il Potere Reale ma non il titolo di Re ed ordina a Carlo Alberto di andare immediatamente a Novara e attendere nuovi ordini.
Vi fu un nuovo tentativo di mediazione tra Carlo Felice e gli insorti. Nonostante una soluzione diplomatica avesse l’appoggio non solo di Carlo Alberto ma anche dello zar russo e dell’Austria, Carlo Felice non ne volle sapere di concedere libertà costituzionali e continuò la sua politica di repressione imponendo la sottomissione al volere regio di tutti gli insorti.
A questo punto i rivoluzionari commisero forse un errore: decisero di marciare su Novara, giustificando quindi l’intervento armato degli austriaci, occupando Torino, Vercelli ed Alessandria. Nel mentre il 19 aprile Vittorio Emanuele I ratificò la rinuncia al trono, obbligando Carlo Felice ad assumere oneri, onori e il titolo di Re.
Re Carlo Felice
Divenuto re assoluto Carlo Felice attuò la sua dura repressione della rivoluzione. Pur rimanendo a Modena istituì tre nuove giurisdizioni. La Regia Delegazione, tribunale misto di militari e civili, che in 5 mesi emise 71 condanne a morte. La Commissione militare per indagare il comportamento di ufficiali e sottoufficiali che nello stesso arco di tempo destituì 627 ufficiali e ne pose sotto indagine altri 300. Infine, una Commissione di scrutinio per indagini sulla condotta di tutti gli impiegati del Regno che destituì e sospese centinai di impiegati e docenti.

A seguito di questa prima ondata di forte repressione, Carlo Felice rientrò a Torino nell’autunno del 1821, Durante il viaggio di rientro, da Piacenza emise un editto che vietava adunanze ed associazioni. Impose giuramento di fedeltà al clero, soppresse il Ministero di Polizia, umiliò e sminuì l’esercito sottoponendolo ad una severissima disciplina e un rigido controllo.
Nel congresso di Verona del 1822 ottenne l’impegno dell’Austria a ridurre la sua presenza sui territoti piemontesi, fino alla completa evacuazione prevista per settembre 1823. A Verona è discussa anche la posizione di Carlo Alberto. Se da una parte gli era riconosciuta la successione al trono (in quanto la linea dinastica principale si stava estinguendo dato che Carlo Felice non aveva figli), dall’altra il suo atteggiamento libertino e la sua vicinanza alle idee rivoluzionarie creavano non pochi dubbi sulle politiche che avrebbe messo in atto.
La successione
I rapporti tra Carlo Alberto e Carlo Felice non furono mai cordiali, sin dal loro primo incontro avvenuto a Roma. Tutto peggiorò poi quando Carlo Alberto appoggiò la concessione della costituzione, atto definito come crimine orribile da Carlo Felice, talmente orribile da esiliare il nipote a Firenze.
Richiamato dall’esilio, Carlo Alberto partecipò alla spedizione contro le rivolte costituzionali spagnole e una volta rientrato a Parigi giurò che in caso avesse ereditato il regno avrebbe conservato le forme e le istituzioni attuali della monarchia. Detto in altri termini, avrebbe seguito le indicazioni di Carlo Felice e dell’Austria giurando di non concedere la costituzione. Preso questo solenne impegno poté rientrare a Torino.
Durante il suo regno, Carlo Felice si interessò molto di più a stabilire rapporti commerciali con Inghilterra, Austria ed alleati piuttosto che mirare ad estendere i territori.
Nel marzo del 1831 Carlo Felice si sente poco bene ed inizia i preparativi per la successione di Carlo Alberto. Carlo Felice muore nell’aprile del 1831 e viene sepolto ad Altacomba. Come già da anni pianificato il regno passa al nipote Carlo Alberto.