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Filippo di Agliè nasce nel 1604 da Giulio Cesare San Martino d’Agliè e Ottavia Gentile. Fin da giovane condusse una vita libertina, accompagnata da un carattere deciso e violento che lo portò non ancora ventenne a sfidare a duello il conte di Parella.
Inttrapprese la carriera militare distinguendosi nelle guerre contro Genova e nell’assedio di Verrua del 1623.
Per contribuire ad una sua migliore educazione nel 1627 è mandato a Roma presso la corte del principe e cardinale Maurizio di Savoia, di cui divenne gentiluomo di camera. Presso il cardinale Maurizio, uno dei più famosi mecenati dell’epoca, Filippo imparò ad apprezzare le arti, la musica e la letteratura. Rientrato a Torino nel 1630 si dedicò alla realizzazione di balletti e rappresentazioni per la corte, ambientati prevalentemente nei giardini delle residenze sabaude.
Una storia d’amore
Fu in una di queste circostanze nel 1630 a Cherasco, dove la corte si era rifugiata per sfuggire all’epidemia di peste, che incontrò per la prima volta il duca Vittorio Amedeo I e sua moglie Maria Cristina di Borbone. L’anno successivo è nominato Alfiere nella compagnia di guardia del duca. Frequentando assiduamente i due sovrani intrecciò una relazione amorosa con la duchessa che durò per tutta la vita.

Alla morte del duca, nel 1637, visto la giovane età del figlio Francesco Giacinto, Maria Cristina diventa la reggente del ducato. L’anno successivo Filippo d’Agliè è nominato governatore della Cittadella di Torino. Da questo momento sarà sempre al fianco della duchessa come favorito e consigliere.
Tuttavia, non saranno anni facili. Da una parte Maria Cristina deve affrontare e tenere a bada i francesi e le mire espansionistiche di Luigi XIII e il cardinale Richelieu. Dall’altra parte essa non è ben vista dal popolo, che gli preferisce i cognati, cioè i fratelli del defunto marito Vittorio Amedeo I appoggiati dagli spagnoli e dal cardinale Maurizio. Ne nasce una guerra civile durante la quale Filippo sosterrà sempre fedelmente la duchessa.
Come spesso accade quando i regnanti non sono ben visti, il popolo li scredita e li accusa con voci più o meno vere. A Filippo imputavano di accumulare ricchezze derubando le casse dello Stato. Si diceva pure che si fossero sposati segretamente dormendo tutte le notti nello stesso letto. Dopo la morte di Francesco Giacinto nel 1638, iniziò a circolare il sospetto che il nuovo duca Carlo Emanuele di appena quattro anni fosse figlio di Filippo e non di Vittorio Amedeo I.
Guerra civile
Nonostante tutto la guerra civile prosegue. I francesi, nominalmente alleati di Maria Cristina ma in realtà motivati dalla conquista del ducato obbligano la duchessa a firmare un trattato in cui cede Savigliano, Carmagnola e la cittadella di Torino. Il principe Tommaso e gli spagnoli occupano invece Chivasso, Chieri e la Valle d’Aosta.

Nel 1639 vi sono una serie di incontri a Grenoble dove Filippo d’Agliè difende strenuamente la posizione di Maria Cristina di fronte alle richieste di Richelieu. In particolare, consiglia alla duchessa di non cedere all’insistente richiesta francese di allontanare padre Pierre Monod, principale esponente antifrancese della corte sabauda. Il tenace sostegno e convincimento di Filippo non venne meno neppure dopo le minacce del cardinale Richelieu nei confronti della duchessa e Filippo stesso.
La guerra si protrasse fino alla fine del 1640, quando finalmente l’esercito francese sconfisse quello spagnolo che aveva occupato Torino. Finalmente il popolo acclamò il ritorno a Torino di Maria Cristina (e Filippo d’Agliè).
Filippo d’Agliè in carcere
Tuttavia, la fine della guerra non portò giovamento a Filippo. Senza una valida ragione, ma probabilmente come vendetta e ritorsione per l’atteggiamento tenuto durante gli incontri di Grenoble, Richelieu all’inizio del 1640 fece arrestare Filippo e lo incarcerò in Francia. Le vibranti proteste di Maria Cristina furono inutili, Filippo rimase in carcere fino al 1642. Sarà liberato solamente 26 giorni dopo la morte del cardinale Richelieu.
Nel mentre Maria Cristina stabilizza la situazione politica del ducato: è riconosciuta come tutrice del giovane duca Carlo Emanuele II, concede un posto ai cognati nel consiglio di reggenza. Il principe Tommaso ottenne la luogotenenza di Ivrea e Biella. Al cardinale Maurizio andò invece quella di Nizza. Per suggellare l’accordo egli lasciò la carriera ecclesiastica sposando Luisa, figlia tredicenne di Maria Cristina.
Filippo d’Agliè rientrò a Torino riprendendo la sua attività di commediografo. La prigionia però lo aveva cambiato parecchio, tanto da voler entrare come novizio presso il convento del Monte dei Cappuccini. Maria Cristina lo convinse però a rimanere al suo fianco per la gestione del ducato. Egli accettò ritornando a corte, ma imponendosi il voto di castità!
Gli ultimi anni
A fianco della duchessa Maria Cristina negli anni successivi è nominato Sovraintendente delle Finanze (1646). Grazie a questo incarico fu in grado di eseguire diversi lavori quale la costruzione del castello del Valentino, la chiesa di santa Teresa e la Vigna di Madama Reale (oggi villa Abegg). Si dedicò anche al restauro del Castello ducale di Agliè e nel 1648 è nominato Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata.

Nel 1650 è nominato maggiordomo maggiore del duca Carlo Emanuele II. L’ultima sua missione è del 1666, quando si reca a Milano per rendere omaggio all’imperatore Leopoldo I in nome del duca.
Alla morte della duchessa Maria Cristina nel 1663 Filippo viene convocato a corte da Carlo Emnauele II e obbligato a ritirarsi a vita privata. Così fece diventando quindi assiduo frequentatore del convento del Monte dei Cappuccini fino alla sua morte. Passò gli ultimi mesi in preda a fortissimi dolori dovuto a calcoli ai reni (o forse alla vescica) morendo infine il 19 luglio 1667.
Il ritrovamento di Filippo d’Agliè
Il funerale avvenne due giorni dopo. Prima che chiudessero la bara il fratello Ottavio vi inserì due fornelli da pipa, oggetti cari al conte Filippo grande amante del fumo. Come da disposizioni testamentarie del defunto, il corpo fu seppellito al Monte dei Cappuccini e precisamente … nel più abbietto et vile sito del convento… senza nessun segno che indicasse l’ubicazione della tomba, quasi come se volesse essere dimenticato. Si presume sepolto nell’orto presso la discarica delle cucine.
La cerimonia fu privata. Con il passare del tempo muoiono anche i pochi che vi hanno partecipato e che potessero indicare il punto esatto in cui fu sepolto. Il conte Filippo d’Agliè è così definitivamente dimenticato.

Non del tutto però. Nel 1989, durante i lavori di ristrutturazione al Monte dei Cappuccini, si rinviene uno scheletro nel giardino dove una volta si trovava l’orto dei frati. Accanto allo scheletro due fornelli da pipa. Uno di questi riporta incise tre lettere J, C e V, che probabilmente era una dedica della duchessa al conte. Qualcosa del tipo “Je, Chretienne, donne à vous mon coeur (Io, Cristina, vi dono il mio cuore)”. Secondo gli storici il fornello è un regalo di Maria Cristina fatto il 19 marzo 1643, trentanovesimo compleanno del conte.
Nel 2010 le spoglie del conte vengono finalmente tumulate nella Chiesa di Santa Maria al Monte.
Filippo d’Agliè coreografo
Il periodo trascorso a Roma presso il cardinale Maurizio ebbe una significativa influenza su Filippo. Egli imparò ad apprezzare la letteratura ed il teatro. Divenne un apprezzato poeta (in latino, italiano e francese), strumentista e compositore. Tuttavia, il massimo livello l’ottenne come coreografo e compositore di balletti scrivendone sia i versi che la musica.
Nel corso della sua vita, oltre ad organizzare tornei, feste, giochi ed eventi, compose 35 opere spesso firmandosi come Filindo il costante.
Tra queste vanno ricordate:
- La prigionia di Filindo il costante. Scritto durante la sua detenzione in Francia è un poemetto di ispirazione autobiografica di cui non resta tarccia.
- Hercole, et Amore. Balletto a tema politico rappresentato nel castello di Chambéry, il 10 febbraio 1640, in occasione del compleanno della duchessa Cristina. La trama ha come protagonista Amore che riporta la pace dopo i problemi politici (invasione spagnola in Francia, crisi seguita alla morte di Vittorio Amedeo I). Amore venne interpretato dal duca Carlo Emanuele di soli 5 anni, mentre tra gli altri figuranti risultano anche Filippo e alcuni cortigiani.
- Dono del Re del Alpi a’ Madama Reale. Balletto di corte è rappresentato per la prima volta il 10 febbraio 1645 al castello di Rivoli in occasione del compleanno della duchessa. Interpretato da Carlo Emmanuele II di Savoia (nel ruolo del re delle Alpi) , Filippo stesso e ventitré cortigiani, si svolse in quattro diverse stanze che rappresentavano le province del ducato.

- Il Tabacco. Un balletto umoristico rappresentato il primo marzo 1650 al palazzo ducale di Torino. Amante del fumo, Filippo scrisse l’opera ambiantata sull’isola di Tabacco come presa in giro del vizio. Ancora una volta la rappresentazione fu interpretata da Carlo Emanuele II.
- Il Gridelino. L’opera più famosa di Filippo, ancora rappresentata ai nostri giorni. Venne messa in scena l’ultimo giorno di carnevale del 1653. Il personaggio principale è il dio Amore che, bendato, non può vedere l’ambiente circostante. Chiede quindi aiuto alla Luce, pregandola di donare nuovamente luminosità e colori in modo che lui possa scegliere quello che più gli piace. Per soddisfare i suoi desideri, Giunone invia la sua messaggera Iride. Tra i vari colori Amore sceglie il colore del fiore del lino, il l gridelino (guarda caso il preferito della duchessa Maria Cristina), dandogli il significato di amore senza fine (ancora una vola una dedica alla sua amata. Il balletto piacque talmente tanto che Anna di Austria, regina di Francia, lo fece rappresentare a Parigi, lo stesso anno, con il titolo in francese Ballet du Grisdelin.