
Foto prese dalla rete
I grissini sono ormai un comune alimento che troviamo assieme al pane in tutti i ristoranti e trattorie d’Italia. Spesso sono presenti anche nei locali europei e in altre parti del mondo.
In Italia sono inclusi nel pane e coperto. Ci intrattengono mentre aspettiamo i piatti che abbiamo ordinato. Soprattutto piacciono a tutti, bambini, adulti e anziani.
Credo che molti di voi sappiano che i grissini sono nati in Piemonte, a Torino. Si sono poi diffusi in molte forme, impasti e aromi differenti. Alcuni di essi come i rubatà sono diventati famosi ovunque.
Come nascono i grissini
Ma a cosa si deve la loro nascita? Chi, come e perché ha creato i grissini?
Tutto ha inizio con Vittorio Amedeo II. Ebbene sì, ancora lui. Oltre ad aver fatto voto di costruire Superga, ad aver guidato la città nell’assedio del 1706, Vittorio Amedeo II ha messo lo zampino anche nei grissini.

Ma procediamo con ordine. Vittorio Amedeo II, da bambino, era di debole costituzione ed aveva problemi di alimentazione. Il medico Teobaldo Pecchio identificò i suoi problemi con la difficoltà a digerire la mollica del pane.
Fu così che Maria Giovanna Battista, madre del giovane Vittorio Amedeo II e reggente del regno, ordinò al cuoco di corte, tale Antonio Brunero, di trovare una soluzione. Sembra che egli inventò questo nuovo tipo di pane intorno al 1679.
Secondo la tradizione (o leggenda se preferite), mangiando i grissini, Vittorio Amedeo II si rimise completamente. Acquisirà forza, tenacia e un carattere determinato che gli permetterà di tenere testa alla madre e di resistere e vincere i francesi durante l’assedio.
Come si preparavano?
Ma come si cucinavano i grissini? Il processo non era molto semplice. Servivano quattro persone, ognuna dedicata ad una fase della lavorazione.
Il primo, lo Stiror (colui che stira), si preoccupava di stendere la pasta. Veniva poi il Tajor (colui che taglia), che tagliava l’impasto in strisce lunghe e sottili. Gi ultimi due erano il Coureur (colui che introduce) e il Gavor (colui che toglie, o “gava”). Essi avevano il compito di mettere l’impasto in forno con una lunga paletta che poteva raggiungere anche i 4 metri e togliere l’impasto dal forno spezzando i grissini in formati più corti.
Il nome grissino invece deriva da ghërsa, che indicava un classico pane dalla forma allungata.
Gli amanti storici
Essendo molto più digeribili e conservandosi molto più a lungo del pane, si diffusero in poco tempo sia in Piemonte che in tutta l’Italia.

Pare che re Carlo Felice ne fosse ghiotto, tanto da mangiarne in gran quantità anche durante gli spettacoli al Teatro Regio.
Che il re amasse veramente i grissini è confermato anche da alcune note di Massimo d’Azeglio.
Napoleone istituì un servizio di consegna tra Torino e Parigi per distribuire in Francia les petits bâtons de Turin (i bastoncini di Torino).
Carlo Emanuele III invece pare fece ideare uno speciale contenitore ermetico per portarsi i grissini in luna di miele!
Friedrich Nietzsche, durante un suo viaggio a Torino nel 1880, scrisse che la popolazione preferiva i grissini al pane

Vi furono altri personaggi famosi che adorarono i grissini. Per esempio, Maria Felicita di Savoia fu soprannominata la principessa del grissino proprio per la sua passione verso questo alimento.
Luigi XIV di Francia fece addirittura arrivare a Parigi due panettieri di Torino per produrre grissini. Tuttavia, pare ebbe risultati scadenti, ovviamente non per la capacità’ degli artigiani ma per l’aria e l’acqua diversa da Torino (motivazione molto simile per il caffè di origine non napoletana).
Maria Luisa d’Austria mangiava grissini spezzandoli in piccole parti ed intingendoli nel brodo, come fossero crostini.
Altre teorie sui grissini
Per completezza di informazione, dobbiamo riportare anche altre teorie sull’invenzione dei grissini. Esse sono meno accreditate, ma comunque possibili e ad oggi non confutate.
La prima fa riferimento a Carlo Emanuele II, padre di Vittorio Amedeo II. Per prevenire il contagio della peste, che colpì il regno nella metà del ‘600, ordinò di preparare un pane più igienico e meno soggetto a deterioramenti quali muffe o altro. Da questo ordine nacquero i grissini che essendo costituiti da pochissima acqua potevano essere conservati più a lungo.
Altra teoria vuole l’invenzione dei grissini come normale evoluzione di una forma di pane detta ghërsa. In questo caso occorre risalire al XIV secolo. Si ipotizza che a seguito della peste e delle carestie del 1300, a causa della mancanza di materie prime, i panettieri ridussero progressivamente le dimensioni un pane dalla forma allungata (detta ghërsa) fino a trasformarsi in grissini.

Altri ipotizzano che i grissini non siano altro che la versione povera della più famosa baguette francese.
Di certo c’è che il primo riferimento scritto ai grissini (o qualcosa di molto simile) si trova negli scritti del 1643 (quindi molto prima della venuta di Vittorio Amedeo II) dell’abate Vincenzo Rucellai in viaggio nella zona di Chivasso. Egli scrisse: una novità, sebbene di stravagante forma, vale a dire del pane lungo quanto un braccio e mezzo e sottile a similitudine di ossa di morti.
I diversi tipi di grissini
Oggigiorno vi sono innumerevoli tipi diversi di grissini. Tuttavia, i più tradizionali sono i due seguenti.
- Robatà (pronunciato rubatà), Semplici grissini a base di farina, acqua e sale. Lunghi 40-80cm con un diametro di 1-2cm. Robatà, significa cadere, e fa riferimento al gesto del panettiere che dopo averli stirati li fa cadere sul piano di lavoro per conferirgli la tipica forma nodosa data dall’arrotolamento a mano
- Stirati. In questo caso l’impasto viene stirato ed appiattito. Più friabili e croccanti dei precedenti, sono anche i più comuni da trovare fuori Piemonte.