
Quella passata alla storia come la Bela Rosin, prima amante e poi moglie morganatica del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, nasce a Nizza nel 1833 e viene battezzata come Rosa Maria Chiara Teresa Aolisia Vercellana.
È la figlia di Giovanni Battista Vercellana, militare di carriera originario di Moncalvo, e di Maria Teresa Griglio. Ebbe una sorella, Adelaide, ed un fratello, Domenico. Il padre faceva parte della Guardia imperiale napoleonica, ma nel 1814 non seguì Napoleone fuggito dall’Elba, bensì si arruolò nei granatieri di Sardegna.
I primi incontri
In seguito, tutta la famiglia si trasferì presso il castello di Racconigi, dove il padre era al comando del presidio militare. Proprio qui, nel 1847, Rosa incontra per la prima volta il re. Egli aveva 27 anni, era sposato con Maria Adelaide d’Asburgo Lorena e padre di quattro figli. Lei aveva solamente 14 anni.

Come quasi tutte le popolane dell’epoca Rosa era analfabeta, ciò nonostante, catturò sin da subito l’affetto e l’ammirazione del re.
I loro primi incontri furono segreti e clandestini. Carlo Alberto, infatti, era assolutamente contrario a tale frequentazione, inoltre per legge le ragazze con meno di 16 anni non potevano essere allontanate dalle loro famiglie. Tuttavia, Vittorio Emanuele II riuscì a farla trasferire in una struttura presso la palazzina di caccia di Stupinigi che, essendo più vicina a Torino, permetteva incontri più frequenti.
Il re e la Bela Rosin
Dopo la morte della regina Maria Adelaide avvenuta nel 1855, Vittorio Emanuele II mantenne quasi apertamente la sua relazione con Rosa.

Va detto che questo non gli impedì di avere altre numerose avventure amorose e amanti famose, quale ad esempio la Contessa di Castiglione.
Tuttavia, alla fine, tornava sempre dalla Vercellana, che con i suoi modi popolari non gli fece mai mancare amore ed affetto, dandogli anche due figli: Vittoria ed Emanuele.
All’epoca la relazione tra i due amanti suscitò parecchio scandalo, andando anche incontro alle ostilità di corte.
Tuttavia, Vittorio Emanuele non seppe mai rinunciare a quel suo piccolo mondo di felicità, anzi nel 1858 nominò Rosa Vercellana Contessa di Mirafiori e Fontanafredda, comprandole anche il castello di Sommariva Perno.
Il matrimonio
A testimonianza della loro perdurante relazione, nel 1863 Rosa si trasferì negli Appartamenti Reali di Borgo Castello, cioè all’interno dell’attuale Parco della Mandria. Da notare che questa residenza appartiene al patrimonio del re e non alla Corona e fu sempre la residenza dalla coppia.
Trasferita la capitale a Firenze, nel 1864 Rosa seguì il re stabilendosi a Firenze nella villa La Petraia. Cinque anni dopo, Vittorio Emanuele II si ammalò. Temendo di morire decide di sposarla in matrimonio morganatico, ovvero senza conferirle il titolo di Regina. Si unirono poi anche civilmente nel 1877, tre mesi prima che Vittorio Emanuele II morisse.
Dopo la morte del re, Rosa Vercellana trascorse il resto della sua vita a Pisa, presso palazzo Beltrami. Qui morì nel 1885. Da notare che il suo atto di morte la indica erroneamente come nubile.
Il mausoleo della Bela Rosin
Nonostante fosse la moglie del re, i membri di Casa Savoia ne proibirono l’inumazione presso il Pantheon di Roma.

La giustificazione ufficiale fu che non era mai stata regina, la probabile verità è l’ultimo tentativo di nascondere quella relazione politicamente scomoda.
I figli fecero quindi costruire un Pantheon di dimensioni ridotte a Torino, presso il quartiere di Mirafiori Sud, in cui seppellirla.
La costruzione, oggi conosciuta come mausoleo della Bela Rosin, non ospita più le spoglie di Rosa. Esse furono trasferite nel 1972 presso il cimitero monumentale di Torino.
Cosa dicono di lei
Rosa Vercellana fu suo malgrado un personaggio storico. Pur non avendo alcuna influenza a corte e nella politica del Regno, è un costante punto di riferimento per re Vittorio Emanuele II.
Come detto la loro relazione è considerata spesso come segno di imbarazzo e vergogna da parte delle istituzioni italiane, tanto da cercare di denigrarla in ogni occasione.
Regina senza trono e senza corona
Costantino Nigra
Dall’altra parte, Vittorio Emanuele la teneva in alta considerazione, soprattutto per la sua semplicità di paesana e la vita frugale che lui gradiva.
Compagna indivisa delle mie pene
Vittorio Emanuele II di Savoia
Il loro amore è stato fortissimo fin dall’inizio, e Rosa riuscì a tenere legato a sé il sovrano forse più di quanto egli stesso se ne rendesse conto
Vinse la battaglia fingendo di perderla, catturò Vittorio dandogli l’impressione di consegnarsi a lui. Una conquista frutto di astuzia, ma anche di acume e tempismo. Fra concessioni ch’erano rivendicazioni e perdoni ch’erano moniti. Se Vittorio se ne accorse, non sappiamo. La sua condotta, comunque, non mutò. A Rosa non avrebbe più rinunciato. Gli piaceva così, la voleva così. E, per trent’anni, così la ebbe.
Roberto Gervaso