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Umberto II nasce a Racconigi il 15 settembre 1904, figlio del re d’Italia Vittorio Emanuele III e Elena del Montenegro. Terzogenito della coppia ed erede al trono, è battezzato come Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria.
Seguì un’educazione rigorosa e severa e imparò ad essere inappuntabile. Tuttavia, la sua formazione lo portò a mantenere le distanze ed un distacco formale verso il padre.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale lo colse quando era poco meno che adolescente. Come figlio del re e prosecutore della dinastia dovette presenziare a parate e manifestazioni patriottiche, incontrare le truppe e frequentare l’ospedale organizzato dalla madre. Nel 1916 ebbe il permesso di recarsi al fronte e raggiungere il re. La sua partecipazione fu ovviamente limitata alle dovute cautele e protezioni che si dovevano ad un illustre personaggio. Tuttavia, egli si fece apprezzare per la precisione con cui eseguiva gli ordini e la capacità di sopportare le ristrettezze che la situazione imponeva.
La carriera militare
Più che la vita militare, Umberto II amava soprattutto gli studi umanistici. Nel 1919 si iscrisse al Collegio militare di Roma ed ottenne la maturità classica. Successivamente prese parte al corso per ufficiali di fanteria, durante il quale però si assentò spesso. In quel periodo egli era infatti la faccia della dinastia. Pur senza particolari incarichi politici, svolgeva il ruolo di rappresentanza della monarchia ovunque fosse necessario.

Da un punto di vista militare si dimostrò presto rigoroso e preciso, pur mantenendo un atteggiamento gentile e premuroso nei confronti delle truppe sotto il suo comando. Nel 1925 terminò l’Accademia militare e venne inviato a Torino come tenente. Qui fece restaurare un’ala del Palazzo Reale che assunse a sua residenza. Durante la sua permanenza a Torino divenne presto un noto personaggio della vita notturna della città. In particolare, si parla di una possibile relazione con la soubrette Carla Mignone (in arte Milly). Secondo alcuni però sarebbe stata una relazione solamente platonica e questo fece nascere voci sulla presunta omosessualità del giovane principe.
In ogni caso la popolarità di Umberto II in questo periodo crebbe, non solo per la mondanità ma anche a livello politico. Prova ne è lo scampato attentato subito nel 1929 a Bruxelles.
La popolarità del principe attirò anche l’attenzione di Mussolini che decise di farlo sorvegliare dall’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascista), la polizia segreta stilò un ampio dossier sui suoi movimenti.
Nello stesso periodo Umberto II divenne anche un fervente religioso. Nel 1928 fece un pellegrinaggio in Terrasanta. Accolse poi con piacere la firma del Patti lateranensi che regolavano (e regolano tuttora) i rapporti tra lo Stato e la Santa Sede, riaprendo definitivamente la comunicazione tra le due istituzioni.
Matrimonio
Nel 1930 Umberto II sposa la principessa di Sassonia Coburgo Gotha Maria Josè del Belgio. Mussolini funge da notaio della Corona e, a dimostrazione della ripresa dei rapporti tra Chiesa e Stato, i due sposi sono ricevuti anche da Pio XI.

La popolarità del principe fece sicuramente da traino per l’entusiasmo popolare con cui la vicenda fu vissuta in tutta la nazione. L’unico che non era contento di un tale successo era sicuramente il duce.
La visibilità di Umberto II e l’acclamazione popolare era un duro colpo per il suo ego di condottiero della patria. Dal canto suo il principe espresse i suoi pensieri antifascisti solamente in ambito privato e familiare.
La coppia si stabilì a Torino, ma non fu un matrimonio felice soprattutto dopo la promozione di Umberto a generale. Il trasferimento a Napoli nel 1931 mitigò parzialmente i contrasti. Maria Josè poté portare avanti i suoi pensieri liberali con la frequentazione tra gli altri di Benetto Croce.
Umberto II e il Fascismo
Nel 1934 nasce Maria Pia di Savoia. La nascita di un erede si scontrava chiaramente con il progetto imperiale che stava prendendo forma nella mente del duce. Lo scontento di Mussolini è manifestato dalla sua assenza durante il battesimo e dalla propaganda fascista che diffonde pettegolezzi e dubbi sulla reale paternità della bambina.

Negli anni successivi Umberto si tenne lontano dalla politica non partecipando neppure all’entusiasmo suscitato dalle vittorie in terra africana. Partecipò tuttavia alla Giornata della fede, istituita dalla regina Elena per sopperire alle sanzioni europee contro l’Italia. Gli italiani donarono gli anelli nunziali ed il principe si privò del proprio collare dell’Annunziata. Inoltre, per supportare la Nazione fece coltivare sette ettari del parco di Racconigi a grano.
Completò poi la sua formazione militare divenendo generale del corpo d’armata ed iniziò la sua carriera diplomatica e di rappresentanza facendo le veci del padre ai funerali di Giorgio V d’Inghilterra. Nel 1937 ebbe un figlio maschio, Vittorio Emanuele. Questo fu un altro duro colpo per il duce che vedeva rafforzarsi la monarchia con un erede al trono.
Il rapporto con Mussolini
Difficile comprendere pienamente i sentimenti di Umberto II nei confronti di Mussolini e del fascismo. Intimamente egli assorbì i sentimenti antitedeschi dal padre e da fervente cattolico non poteva approvare un’alleanza con il Fuhrer, cosa che invece stava molto a cuore al duce. Inoltre, le preoccupazioni della moglie per le sorti del Belgio, suo Paese natio, lo poneva in netto contrasto con il regime.

Il successo e l’appoggio (almeno formale) che riceveva Mussolini da parte del padre Vittorio Emanuele III, costrinse tuttavia Umberto II a mantenere un comportamento pubblico del tutto fascistissimo. Andò a Milano ad accogliere il duce al rientro della Conferenza di Monaco, partecipò alle nozze di Bruno Mussolini e si recò in visita a Predappio.
Quando possibile però si manteneva distaccato dalla politica di regime, a dimostrazione dalla lontananza del suo pensiero da quello fascista. Emblematico il caso dell’espansione italiana in Albania, in cui il principe non fece alcuna apparizione pubblica sulla questione, quasi ad indicarne la sua mancata approvazione.
Seconda guerra mondiale
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale la figura di Umberto II è fortemente limitata. Anche se per motivi opposti, Re Vittorio Emanuele III e Mussolini desideravano tenere fuori da incarichi di prim’ordine Umberto II. Il re si preoccupava dei rischi che poteva correre in battaglia, ma ancor più temeva di comprometterlo in caso di sconfitta. Mussolini invece temeva l’esatto opposto: le sue vittorie lo avrebbero reso celebre e le sue idee avverse al fascismo avrebbero potuto diffondersi minando la stabilità del regime.

Per questi motivi, nonostante il suo grado di generale, nel 1942 gli è affidato il comando delle Armate del Sud. Nonostante l’altolocato nome, si trattava di un innocuo e passivo stanziamento ad Anagni. Isolato e praticamente inoperoso, Umberto si avvicina sempre più alle posizioni della moglie il contrasto al fascismo svolgendo diverse azioni umanitarie a favore della popolazione e, ancora una volta, ottenendo una grande popolarità.
Alla fine del 1942, suo malgrado, Mussolini in occasione del ventennale del fascismo lo nominò maresciallo d’Italia. A inizio dell’anno successivo, nacque poi la sua ultima figlia Maria Beatrice. Entrambi gli eventi passarono praticamente inosservati: la devastazione dell’Italia dovuta allo scontro bellico non lasciava spazio agli eventi mondani.
Il forte antifascismo di Umberto II fu principalmente teorico. Esso non si risolse mai in azioni determinate ad un vero e proprio contrasto del regime. Prova ne è che nella caduta del fascismo del 25 luglio 1943 il principe non ebbe alcun ruolo attivo, neppure marginale.
Umberto II re d’Italia
Per mettere al riparo la dinastia dalla reazione nazista, Maria Josè è spedita in Svizzera con i figli, mentre Umberto è allontanato a Sessa Aurunca. L’8 settembre è convocato a Roma, dove re Vittorio Emanuele III lo mette a conoscenza della firma dell’armistizio e gli ordina di seguirlo prima a Pescara poi a Brindisi.
Nel giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, il vecchio Vittorio Emanuele, pur mantenendo il titolo reale, nominò Umberto come luogotenente d’Italia.

In questo ruolo Umberto tentò di recuperare il tempo perso. Nel 1944 accettò le dimissioni di Badoglio ed incaricò Ivanoe Bonomi di costituire un nuovo governo. Nel mentre mantenne relazioni aperte e di collaborazione sia con gli alleati che con le forze antifasciste. Inoltre, il 25 giugno 1944 prese la decisione che porterà alla fine della monarchia in Italia; sancì che, al termine della guerra, vi sarebbe stato un referendum a suffragio universale per scegliere la forma dello Stato.
Umberto fece del suo meglio per ristabilire un po’ di quella normalità che la popolazione chiedeva. Ripristinò le consultazioni in caso di crisi del governo e tentò di rinfrescare l’immagine della monarchia e del casato. Infine, il 18 marzo 1946 firmò il decreto che definiva il 2 giugno dello stesso anno la data in cui si sarebbe votato il referendum.
Il 9 maggio 1946 re Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio e parte per l’esilio. Umberto II ha meno di un mese per prepararsi al referendum da lui stesso indetto. Nonostante la sua popolarità non è sufficientemente carismatico per fare breccia nei cuori degli italiani, che vedono ancora Casa Savoia come corresponsabili dell’ascesa del fascismo e del drammatico disastro della guerra.
La repubblica
Il 2 giugno gli italiani votano a favore della repubblica. Il 12 giugno Alcide De Gasperi s’insedia come capo provvisorio dello Stato. Il giorno seguente Umberto lascia il Quirinale ma non abdica, non trasmette i poteri e definisce arbitrario e rivoluzionario l’operato del governo.
Il 13 giugno, dichiarando di aver dovuto agire nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o subire la violenza, lascia l’Italia per riunirsi con la moglie Maria Josè e i figli in Portogallo.

È la fine del Regno d’Italia, la fine della monarchia. Umberto II, ultimo re d’Italia, ha regnato per soli 24 giorni guadagnandosi l’appellativo di Re di Maggio.
Durante l’esilio Umberto ha violenti scontri con la famiglia, specie con il figlio maschio Vittorio Emanuele. Anche i rapporti con la moglie tendono a peggiorare, tanto che nel 1947 si separano definitivamente.
L’entrata in vigore della costituzione repubblicana il primo gennaio 1948, sancì per legge l’esilio del re. L’impossibilità di rientrare in Italia sorprese Umberto, che invece credeva di poter dare un contributo nella ricostruzione e riappacificazione della nazione. Pur se in esilio, non rinunciò mai a quelli che sentiva i propri doveri istituzionali. Si tenne sempre aggiornato sulla politica italiana, inviando messaggi in caso di ricorrenze e commenti su importanti avvenimenti.

Nel 1964 gli venne diagnosticato un tumore. Religioso ed amante della patria, nel 1982 in un incontro con papa Giovanni Paolo II manifesta il proprio desiderio di morire in Italia. Grazie all’intervento del pontefice il governo discusse l’abrogazione della norma sull’esilio. Sfortunatamente per lui, il tumore lo uccide il 18 marzo 1983, prima della fine dell’iter abrogativo, che pertanto venne interrotto.
La sua salma è tumulata nell’Abbazia di Altacomba.